giovedì 6 dicembre 2007

Un nuovo blog

Se i miei post sono diminuiti negli ultimi tempi non è per un ridotto interesse nei confronti delle novità scientifiche, tantomeno per aver smesso di scrivere.
Semplicemente, da qualche mese a questa parte ho dedicato più tempo ad un nuovo blog da me creato.
Si parla sempre di scienza, tecnologia e mondo della ricerca, ma questa volta non sono da sola a scrivere. Siamo 9 amici-colleghi, dispersi in varie regioni d'Italia e anche d'Europa (una di noi scrive da Barcellona), insieme cerchiamo
di veicolare informazione - a volte seria a volte divertente, per non dire irriverente, ma sempre nella maniera più corretta possibile.
Vi invito quindi a sintonizzarvi su questo nuovo blog:
sciencedesk.wordpress.com
let me know...

giovedì 29 novembre 2007

Un topo senza tumori

Alcuni ricercatori americani dell’Università del Kentucky, negli Stati Uniti, hanno creato un topo che non si ammala di cancro. L’animale è dotato di un gene, chiamato Par-4, capace di produrre una proteina che attacca le cellule tumorali, senza danneggiare i tessuti sani.
Lo studio è stato pubblicato ieri su Journal Cancer Research. I topi modificati geneticamente sono immuni da molte forme di malattie, come ad esempio il cancro al fegato ed il tumore alla prostata. Alcune analisi indicano che la proteina ha effetti concreti anche sul cancro alla mammella, al pancreas e al cervello. Inoltre, con lo stupore dei ricercatori stessi la proteina Par-4 non ha nessun tipo di effetto secondario sull’organismo.
“Quando un malato va in ospedale - spiega il microbiologo Vivek Rangnekar, responsabile dello studio - la chemioterapia o le radiazioni, comportano sempre effetti collaterali importanti. La nuova tecnica basata sull’introduzione di Par-4 riesce invece ad eliminare il tumore senza danneggiare l’organismo”. Questo è probabilmente l’elemento più importante del lavoro: apre nuovi scenari nell’ambito della ricerca contro il cancro.
Quello che tutti chiamiamo tumore è un fenomeno cellulare molto complesso che racchiude una serie infinita di cause e conseguenze. Ciò che accomuna le diverse malattie è l’insorgenza di cellule che “impazziscono” e si moltiplicano senza più nessun autocontrollo. Una cellula diventa tumorale quando acquisisce e accumula mutazioni su geni importanti, a questo punto la sua proliferazione è incontrollata e dà luogo ad una quantità crescente di cellule tumorali che invadono i tessuti. Questo processo si amplifica con l’andare avanti nel tempo, le cellule continuano ad accumulare errori, i cromosomi vengono modificati, persi…
Il gene Par-4 è noto dall’inizio degli anni ’90, è stato inizialmente individuato nelle cellule tumorali del cancro alla prostata. L’ipotesi degli scienziati è che Par-4 abbia un ruolo nella morte programmata delle cellule (apoptosi), il sistema di autodifesa che adottano gli organismi per distruggere le cellule danneggiate o difettose.
Non è comunque la prima volta che in un laboratorio viene creato un topo resistente ai tumori. Nell’ottobre 1999 Nature pubblicò lo studio di un team del Memorial Sloan Kettering di New York che dimostrava come bloccando 2 geni (Id1 e Id2), vitali per lo sviluppo dei vasi sanguigni che nutrono i tessuti in generale e soprattutto i tumori, si otteneva un topo immune al cancro. La sperimentazione eseguita sugli animali ha dato risultati molto incoraggianti ma non è andata molto oltre, sfortunatamente ciò che funziona nei topi non funziona automaticamente anche negli uomini. E’ quindi importante non dare false speranze e ricordare che sebbene la ricerca faccia passi da giganti in laboratorio, la strada per trovare una cura sull’uomo è ancora ardua e lunga.

martedì 27 novembre 2007

Nanotecnologie antibatteriche

Una tecnica innovativa per distruggere i batteri patogeni è stata messa a punto da 3 ricercatori dell’Università di Toledo, nell’Ohio.
Lo studio si è basato sulla capacità che hanno alcuni agenti patogeni ad ancorarsi ai carboidrati presenti sulla superficie delle cellule per attaccarle e sviluppare l’infezione. I ricercatori hanno aggregato nanoparticelle magnetiche ad alcuni carboidrati ottenendo particelle in grado di individuare e catturare i batteri in soli 5 minuti. Inoltre, hanno evidenziato che variando la composizione delle nanoparticelle è possibile discriminare tra i diversi ceppi di batteri, scoprendo cosi una tecnica di selezione.
Attualmente la tecnologia riesce a rimuovere l’88% dei microrganismi, ma l’efficienza è ulteriormente migliorabile. Oltre alla semplice ma innovativa applicazione antibatterica, la scoperta potrebbe anche essere sfruttata per avere strumenti più efficaci e rapidi nel campo della diagnosi.
Fonte: Nòva del Sole 24 Ore 22-11-07

sabato 24 novembre 2007

La Scienza dei Simpson

Homer Simpson è "il più grande americano di tutti i tempi" e sua moglie Marge "la mamma ideale". La piccola Lisa è destinata a diventare la prima presidentessa degli Stati Uniti e suo fratello... be', Bart Simpson è Bart Simpson.
D'accordo, ma che c'entra con la scienza la famiglia televisiva più amata degli ultimi vent'anni? Ce lo dice Marco malaspina con il suo : “La scienza dei Simpson. Guida non autorizzata all'universo di una ciambella” (Sironi ed. 2007, pp. 192 - 18,00 E). Leggendo il libro si scopre quale sia la formazione di buona parte degli sceneggiatori del famoso cartone animato: un sacco di fisici e matematici, che hanno infarcito le puntate di citazioni e, spesso, anche di scienziati in carne e ossa. Gli episodi sono costellati di riferimenti ai traguardi della ricerca e all'attualità tecnico-scientifica: nucleare, emergenza rifiuti, psicofarmaci per bambini, Viagra, OGM, missioni spaziali.
Come non citare l’episodio con Stephen Jay Gould sul ritrovamento di un misterioso fossile con sembianze umane e ali da angelo: ventidue minuti di pura genialità, in grado di spiazzare allo stesso modo darwinisti e neocreazionisti, e di far riflettere noi tutti sui giochi economici e di potere che stanno dietro a tante diatribe etico-scientifiche. E poi c’è la memorabile partecipazione di Stephen Hawking: il famoso astrofisica non esita a dire a Homer: «La tua teoria di un universo a forma di ciambella è intrigante. Forse te la rubo». Per non parlare degli episodi sulla malasanità, tutti perfidamente realistici.
La famiglia di Springfield ci insegna che la scienza non è monolitica: è divertente ma anche noiosa, affascinante ma non sempre neutrale. E dimenticatevi una scienza trionfale o benefica: nei Simpson la scienza è una vittima, al pari della società; è incerta, ingenua, goffa, proprio come Homer, il capo di questa famiglia così tipicamente americana.
Chi è Marco Malaspina: Giornalista scientifico di Bologna, lavora all'ufficio comunicazione dell’Istituto Nazionale di Astrofisica. Scrive per le pagine di salute del settimanale "Oggi" e conduce "Pigreco Party", il programma settimanale all’incrocio fra scienza e società di Radio Città del Capo. Nel tempo libero guarda i Simpson e legge Shakespeare.

giovedì 22 novembre 2007

Scorpione extra-large

Nel Paleozoico, prima che comparissero i dinosauri, sarebbero esistiti ragni e granchi decisamente più grandi di quanto finora ipotizzato.
A suggerirlo è la scoperta di parte di una chela fossile risalente a circa 400 milioni di anni fa, attribuita a una specie di scorpione marino gigante: dalle dimensioni del reperto, ritrovato in una cava fossilifera vicino Prüm in Germania, si è calcolato che l'animale potesse raggiungere i due metri e mezzo di lunghezza, chele escluse. Lo studio, condotto da un gruppo interdisciplinare di ricercatori tedeschi, inglesi e statunitensi guidati da Simon Braddy del Dipartimento di scienze della terra dell'Università di Bristol, è stato pubblicato on line sulla rivista Biology Letters della Royal Society.
Secondo gli autori, la chela sarebbe appartenuta a un esemplare marino di Jaekelopterus rhenaniae, un artropode (come gli odierni ragni, granchi, scorpioni) che visse tra i 460 e i 255 milioni di anni fa. Come spiega l'autore della scoperta, il geologo Markus Poschmann, il fossile si presentava come una zona scura di materia organica, incastonata in una lastra di roccia datata 390 milioni di anni. L'analisi del reperto ha poi portato alla luce diversi altri frammenti che sono stati estratti e 'incollati' insieme. Ne è risultata una chela lunga in tutto 46 centimetri, il che - fatte le debite proporzioni – porta a ipotizzare il più grande artropode di cui siano mai stati rinvenuti resti.
L'esemplare apparteneva alla sottoclasse degli Euripteridi, oggi considerati i predecessori acquatici degli scorpioni e potenzialmente di tutte le specie di aracnidi. Per quanto riguarda l'esistenza di esemplari giganti, non ci sarebbe una sola semplice spiegazione, “È probabile”, sostiene Braddy, “che le loro dimensioni dipendessero dalla mancanza di competizione con i vertebrati”.
Fonte: Galileo 21-11-07

mercoledì 21 novembre 2007

Staminali eticamente corrette

A differenza delle cellule somatiche, che sono specializzate, le cellule staminali embrionali sono sorprendentemente versatili e “trasformiste”, capaci di moltiplicarsi indefinitamente e di dare origine a tutti i tipi cellulari presenti nel nostro organismo. Così, le staminali embrionali sembrano essere la soluzione ad ogni nostro problema, ma c’è un ostacolo di natura etica: la legittimità di utilizzare embrioni umani per la ricerca scientifica.
Da qualche anno, gli scienziati del mondo intero stanno cercando vie alternative per non coinvolgere gli embrioni. Il bersaglio sembra essere stato centrato dal lavoro di un gruppo di ricercatori della University of Wisconsin-Madison, pubblicato ieri on-line su Science. Gli scienziati hanno modificato geneticamente cellule umane adulte della pelle – i fibroblasti - e le hanno riportate ad uno stato pluripotente, identico a quello di una cellula staminale embrionale. Lo studio è stato condotto da Junying Yu del Genome Center of Wisconsin e del Wisconsin National Primate Research Center, presso il laboratorio di James Thomson, il ricercatore americano che, nel 1998, per primo isolò cellule staminali da embrione umano.
Il lavoro segue gli importanti studi avviati dallo stesso Thompson e da un'equipe giapponese. Shinya Yamanaka, dell'Università di Tokyo, aveva infatti scoperto nel 2006 che, attivando quattro geni (Oct4, Sox2, c-Myc e Klf4), è possibile riportare cellule adulte di topo ad uno stadio indifferenziato e pluripotente. I lavori sono stati riportati su Cell e Nature. Adesso, per la prima volta lo stesso esperimento è stato condotto su cellule somatiche umane. I ricercatori americani hanno utilizzato vettori virali per attivare i quattro geni in fibroblasti umani, e sono così riusciti a creare otto nuove linee staminali alcune delle quali sono cresciute in coltura per 22 settimane. “Le cellule che abbiamo ottenuto attraverso la tecnica di riprogrammazione mantengono un normale corredo cromosomico (cariotipo) e presentano le stesse caratteristiche delle staminali embrionali”, ha dichiarato Thomson.
Secondo molti scienziati questa scoperta cambierà radicalmente la visione della ricerca sulle staminali e aprirà una nuova via per la terapia personalizzata. Ma c’è un importante aspetto ancora da approfondire: verificare che queste cellule pluripotenti non nascondano inaspettate differenze cliniche con le staminali embrionali.
La mia filosofia è: “just wait and see", anche le cellule staminali del liquido amniotico erano una grande promessa...a proposito, ma che fine hanno fatto?

lunedì 12 novembre 2007

Ma se esiste il supertopo perché non un supergatto?

Un gatto geneticamente modificato di quasi 14 chili e di una taglia di oltre un metro è una bella novità. Ma per l'ennesima volta la notizia è infondata, nonostante sia largamente circolata sui quotidiani e anche sui telegiornali il gatto geneticamente modificato per il momento è solo una fantasia. Eppure i media hanno riferito che per arrivare al risultato si è fatto uso dell'ingegneria genetica, perché solo così si poteva ottenere un animale da compagnia che assomigliasse più a un ghepardo che al micio che ospitate in casa. Ma il nuovo venuto, che si chiama Ashera, non è il frutto del duro lavoro di qualche genetista quanto semmai di tecniche di incrocio operate da un disinvolto imprenditore di cui la stampa internazionale si è lungamente occupata in passato, tal Simon Brodie. Ashera non sarebbe nient'altro che un incrocio tra due distinte linee di gatti selvatici – quello africano e quello del Bengala – con un gatto domestico, anzi c'è qualcuno che sostiene che non c'è nulla di nuovo sotto il sole perché un simile incrocio è stato già realizzato in passato dando vita alla razza Savannah, che ha una impressionante somiglianza con Ashera. A questo punto si direbbe che non ci troviamo di fronte ad un exploit dell'ingegneria genetica, piuttosto al gatto più caro del pianeta, infatti un simile esemplare costa dai 22.000 ai 27.000 dollari. Simon Brodie è un press agent di grande talento, ma come imprenditore non ha mai avuto lo stesso successo. Nel dicembre del 2001 c'è la clonazione del gatto domestico e Brodie fiuta l'affare: una linea di gatti "taylored", ovvero animali da compagnia costruiti con l'ingegneria genetica per soddisfare particolari necessità domestiche. Quando si trasferisce negli Stati Uniti firma un accordo con un'azienda del Colorado, la Transgenic Pets, impegnandosi ad investire 2,5 milioni di dollari. L'idea è di produrre gatti che non provochino allergie tra i loro proprietari, ma i soldi non arriveranno mai e la Transgenic Pets porta Brodie in tribunale. La sentenza, ovviamente, darà ragione all'azienda del Colorado ma il disinvolto imprenditore continua dritto per la sua strada e infatti nel 2004 convoca una conferenza stampa in cui dichiara di aver prodotto un gatto "anallergico". Come sia arrivato al risultato non è chiaro, molti sostengono che si è limitato ad incrociare naturalmente razze che hanno una bassa allergenicità. Nel frattempo Brodie ha dato vita o acquistato partecipazioni in una mezza dozzina di società inseguendo affari sempre più improbabili. Nel 2006 si aggiudica la copertina del Time che nomina il gatto anallergico fra le migliori invenzioni dell'anno. Di ingegneria genetica, ovviamente, neanche si parla ma lo scienziato-stregone è molto lesto nel propagandare risultati che vorrebbe ottenere ma che non arriveranno mai: l'ultima trovata, come riferiscono Nature e New Scientist, sarebbe di utilizzare gli Rna da interferenza per silenziare i geni che scatenano allergie. E poi ecco qui che arriva il supergatto. Certo che se si parlasse meno di “scienza spazzatura” e si facesse un pochino di più per aiutare la ricerca… Quella vera, che salva le vite e sulla quale i ricercatori sudano giorno dopo giorno. Io mi sentirei un po’ meglio, e credo anche la nostra società! Fonte: Darwinweb

Ecco a voi il supertopo!

È capace di correre a una velocità di 20 metri al minuto per 5 ore di seguito coprendo una distanza di 6 chilometri. Mangia il 60% più del dovuto, ma non ingrassa di un etto, anzi è più magro della media. Vive più a lungo dei suoi simili e si accoppia anche in tarda età, ben oltre il limite normale. Il supertopo nato in un laboratorio americano ha lasciato stupefatti anche gli scienziati che lo hanno creato: non immaginavano che avesse queste capacità.
Tutto è cominciato in un laboratorio di biochimica della Case Western Reserve University a Cleveland in Ohio. Lì quattro anni or sono un gruppo di ricercatori guidati da Richard H. Hanson ha iniettato la forma attiva di un gene in un embrione di topo. Quel gene codificava per un enzima chiamato fosfofenilpriuvato carbossichinasi (PEPCK-C) che è presente soprattutto nei reni e nel fegato, ma anche in altri tessuti. Nel topo geneticamente modificato, però, questo gene si è espresso soprattutto nei muscoli dello scheletro, cosicché i muscoli dei supertopi hanno una quantità di questo enzima 100 volte più alta di quella presente nei muscoli dei topi normali.
Da quel topo geneticamente modificato sono nati una schiera di supertopi: oggi sono 500 e le loro caratteristiche sono sorprendenti. Il professor Hanson ha presentato i risultati dei suoi studi, pubblicati nei giorni scorsi dalla rivista Journal of Biological Chemistry, durante una conferenza stampa: “I nostri topi - ha detto Hanson - sono 10 volte più attivi dei topi normali nelle loro gabbie, vivono più a lungo, fino a 3 anni d’età, e sono attivi dal punto di vista riproduttivo fino alla fine della loro vita”. Anche le femmine, che normalmente hanno figli non oltre un anno d’età, riescono a partorire anche a due anni e mezzo. “Gli uomini - ha aggiunto Hanson - hanno esattamente lo stesso gene, ma non credo che questo topo sia un modello appropriato per la terapia genica sugli esseri umani”.
A cosa serve quindi questo supertopo? Il quotidiano britannico The Independent (che alla scoperta ha dedicato la prima pagina), suggerisce che questa scoperta potrebbe tornare utile per mettere a punto nuovi farmaci che migliorino la performance dei muscoli, o per trovare terapie contro malattie genetiche come la fibrosi cistica.
Visto come vanno le cose con le case farmaceutiche ai giorni d’oggi, spero solo che il gene PEPCK-C non faccia esultare i ciclisti con la speranza di una nuova sostanza superdopante o non faccia la fine del Viagra.
Fonte: L’Unità 6-11-07

domenica 11 novembre 2007

Creare vene e arterie nuove dalle cellule del paziente

Grazie ad una tecnica innovativa è possibile creare vene e arterie nuove dalle cellule del paziente. Il procedimento è laborioso e tutt’altro che rapido, ma si può fare. Si preleva un pezzetto di pelle, grande quanto un francobollo, dal dorso della mano del malato. Da questo frammento di tessuto si isolano le cellule e le si mette in coltura. Dopo alcune settimane le cellule formano un sottile strato che viene avvolto intorno ad un cilindro e immerso in un liquido di nutrimento cellulare. A distanza di 2 mesi, il cilindro viene sfilato e ciò che si è formato è una pellicola epidermica tubulare. Se all’interno di questa pellicola vengono poi introdotte cellule endoteliali, ricavate dai vasi sanguigni del paziente, ecco qui che dopo qualche settimane le cellule hanno foderato la struttura tubolare per dare un nuovo vaso pronto all’utilizzo. Artefici di questo piccolo miracolo della biologia cellulare sono i ricercatori della californiana Cytograph Tissue Engineering. Le prime sperimentazioni sono state eseguite in un centro cardiovascolare in Argentina, e lo studo è stato pubblicato su il “New England Journal of Medicine”. Il prelievo del frammento di pelle viene fatto in anestesia locale, ed insieme alla cute il chirurgo preleva una piccola porzione di vena sottostante. La tecnologia ha due vantaggi: il primo è che i vasi sono stati ottenuti direttamente dalle cellule del paziente e quindi non vi è alcun rischio di rigetto, il secondo è che l’assenza di materiali sintetici evita l’insorgenza di infiammazioni. A beneficiare della promettente tecnologia potrebbero essere persone la cui circolazione è danneggiata o insufficiente, come i diabetici o i malati affetti da arteriosclerosi. Un altro potenziale utilizzo è nei pazienti che hanno bisogno di bypass coronarici. Fonte: Panorama

martedì 6 novembre 2007

Parenti volanti

Uno studio pubblicato su Science rivela che il colugo, un piccolo mammifero del Sudest Asiatico, è l’animale vivente più vicino ai Primati.
Si chiama colugo, o lemure volante. In realtà, non è un lemure: è un animale con le dimensioni di un gatto, il corpo di uno scoiattolo, il muso di un topo, la faccia di un pipistrello. E non vola, non nel senso tecnico del termine: la membrana, detta patagio, che si tende dal suo collo alle dita dei quattro arti e alla coda gli permette solo di planare elegantemente da un albero all’altro, coprendo con un salto distanze di oltre cento metri. Questo piccolo e quasi sconosciuto mammifero, che vive nella foresta pluviale del Sudest Asiatico, è, tra tutti gli animali viventi non appartenenti ai primati, il nostro parente più prossimo.
Lo rivela uno studio genomico e molecolare compiuto da Jan Janecka e William Murphy alla A&M University del Texas, insieme a colleghi di altri istituti internazionali, pubblicato su Science. I ricercatori hanno cercato corrispondenze nel DNA di altri mammiferi rispetto a quasi duecentomila sequenze di geni umani. Hanno poi confrontato i frammenti corrispondenti per trovare inserzioni o delezioni (indels), brevi sequenze di basi aggiunte o perse nel DNA. Le specie che condividono le stesse indels hanno più probabilità di avere un antenato comune e sono più strettamente correlate. Gli studiosi hanno, inoltre, analizzato parti di diciannove geni, alla ricerca di mutazioni da una specie all’altra. Entrambe le analisi hanno dato lo stesso risultato: il lemure volante è l’animale più vicino ai primati, con cui ha in comune sette indels. Il “concorrente” più accreditato, la tupaia, un piccolo insettivoro dal naso appuntito, condivide con i primati una sola di queste particolari mutazioni.
“La determinazione di queste parentele è molto importante sia per l’antropologia sia per la genomica” commenta Murphy. Il dibattito scientifico sulle origini dei primati è, infatti, molto acceso: né le classificazioni a partire dai fossili, né le analisi filogenetiche lo hanno sinora risolto. Quasi tutti i tassonomisti classificano i primati, i colughi e le tupaidi nel superordine degli Euarchonta, ma, per via della veloce evoluzione, c’era sino ad oggi incertezza nella correlazione tra le specie.
Ora, questo animaletto dal nome sbagliato è planato sul ramo dell’albero tassonomico a noi più vicino: i prossimi passi saranno il sequenziamento del genoma e la ricostruzione dell’antenato comune.
Fonte: Sciencedesk

Sclerosi multipla: la causa è un virus

Una ricerca dell’Istituto Superiore di Sanità identifica nelle placche il virus di Epstein Barr e chiarisce i meccanismi della malattia.
E’ il virus di Epstein Barr, un comune agente patogeno con cui viene a contatto la maggior parte della popolazione, la causa scatenante della sclerosi multipla. Lo rivela uno studio del Dipartimento di Biologia Cellulare e Neuroscienze dell’Istituto Superiore di Sanità, pubblicato su The Journal of Experimental Medicine. I ricercatori, coordinati da Francesca Aloisi e Barbara Serafini, hanno analizzato materiale autoptico di ventidue malati, e hanno chiarito la relazione tra la presenza del microrganismo e le lesioni del Sistema Nervoso Centrale caratteristiche di questa patologia.
“Il virus di Epstein Barr è presente nelle placche di demielinizzazione di tutti i casi analizzati e promuove la risposta infiammatoria responsabile del danno cerebrale” spiega Francesca Aloisi “Gli studi epidemiologici precedenti indicavano una possibile associazione tra agente virale e malattia, ma ciò che oggi emerge è il meccanismo con cui il virus induce le lesioni”.
Sono i linfociti B, cellule che producono anticorpi, i vettori che trasportano il virus all’interno del Sistema Nervoso Centrale: sono, infatti, in grado di attraversare la barriera emato-encefalica, che protegge il tessuto nervoso. Una volta penetrati, i linfociti infetti si espandono, e il microrganismo rimane latente nel tessuto nervoso. Il sistema immunitario attiva il meccanismo di difesa contro il virus: una risposta infiammatoria cronica, responsabile delle placche di demielinizzazione e, quindi, dei deficit neurologici. La sclerosi multipla colpisce la sostanza bianca dei neuroni, con distruzione della guaina mielinica. Le lesioni a carico del Sistema nervoso Centrale sono le placche, aree di demielinizzazione con successiva reazione gliale. La malattia ha un decorso progressivo “à poussées”, con alternarsi di regressioni e peggioramenti, sino ad una grave invalidità motoria.
Il virus di Epstein Barr appartiene alla famiglia degli Herpesvirus. E’ molto diffuso: il 95% degli adulti ne è stato infettato. A volte l’infezione è asintomatica, altre può causare la mononucleosi, detta anche malattia del bacio, perché si trasmette attraverso la saliva, portando febbre, mal di gola, ingrossamento dei linfonodi. La patogenesi consiste nell’infettare i linfociti B. Il decorso è quasi sempre benigno, ma il virus rimane latente nell’organismo.
Fonte: Galileo 6-11-07

mercoledì 31 ottobre 2007

Ma quanto siamo ignoranti !

Da pochi giorni è arrivato nelle librerie “Il libro dell’ignoranza” (Einaudi, 12,80 euro, pag. 226).
Un libro istruttivo, divertente e irriverente. Un inventario di tutti gli errori, i fraintendimenti e le credenze che infarciscono la nostra cultura generale. Il libro è scritto dai conduttori di un programma divulgativo della Bbc, John Lloyd e John Mitchinson. I due autori smentiscono tutto ciò che abbiamo appreso come vero e non abbiamo mai messo in dubbio perché la fonte era sicura e la notizia verosimile.
Praticamente ogni pagina contiene una sorpresa: i sensi dell’essere umano sono più di cinque e gli stati della materia ben 15, l’universo è beige e il posto più freddo sulla terra è in Finlandia, il numero di Satana non è il 666 bensì il 616, la sostanza più comune al mondo non è l’ossigeno e neanche il carbonio, l’azoto o l’acqua, ma un minerale che si chiama perovskite, dal nome del mineralogo russo Lev Perovski. E ancora: che il primo presidente americano si chiamava Peyton Randolph, che il monaco benedettino Dom Pérignon (1638 - 1715) non inventò lo champagne ma in realtà passò gran parte del suo tempo a cercare di eliminare le bollicine, e che gli imperatori romani ordinavano la morte di un gladiatore mettendo il pollice in su.
Insomma, un libro che, con le sue chicche, fa vacillare alcune delle nostre conoscenze più solide e ci mette di fronte alla nostra totale ignoranza. In Gran Bretagna ha già venduto 400mila copie e si appresta a diventare un grande successo anche in Italia.

lunedì 29 ottobre 2007

Il ritorno degli Ogm

Qualche giorno fa, la Commissione europea ha autorizzato l’importazione, per i 27 paesi dell’Unione, di quattro prodotti cerealicoli Ogm. Si tratta di tre varietà di mais, di cui due ibridi, e un tipo di barbabietola. I prodotti importati saranno utilizzati per l’alimentazione e l’allevamento. L’autorizzazione sarà valida per dieci anni e nessuno di questi prodotti sarà fatto crescere in Europa.
La decisione è stata presa dopo che, per l’ennesima volta, i ministri hanno fallito un accordo. A settembre, infatti, la Commissione europea non è riuscita a prendere alcuna decisione in merito e, a tre mesi dall’inizio della consultazione, l’autorizzazione è passata evitando il restrittivo sistema di votazione dei ministri. L’ultima importazione di prodotti Ogm c’è stata nel 1998. “L’approvazione è incoraggiante. Speriamo di continuare in questo processo di introduzione del Biotech in Europa”, ha dichiarato Dean Oestreich, vice presidente di una delle aziende che fornirà i prodotti. Il suo pensiero è però in netto contrasto con i verdi di tutta Europa. In Italia, dove sei italiani su dieci credono che i prodotti Ogm siano dannosi perché non naturali, gli ecologisti pensano che “la decisione sia un’offesa ai consumatori italiani ed europei”. Le industrie che li producono, invece, sostengono che i prodotti Ogm sono sicuri.
Fonte: Sciencedesk 25-10-07

domenica 28 ottobre 2007

Staminali: una prima francese

Ricercatori dell'Università Paris-Sud-XI (con Inserm e CNRS) hanno ottenuto la prima linea francese di cellule staminali embrionali umane, partendo da un embrione portatore di anomalie cromosomiche (trisomia 1 e monosomia 21), reperito al termine di una diagnosi preimpianto. Ciò è stato resa possibile dalle modifiche apportate alle leggi di bioetica nel 2004. Dopo l'uscita dei decreti d'applicazione nel febbraio 2006, numerosi altri gruppi si sono lanciati in questa corsa in Francia, soprattutto a Strasburgo e a Montpellier.
Nel mondo esistono già duecento linee come queste, soprattutto negli Stati Uniti e oltre Manica, in Corea e in Iran. L'ottenimento di questa prima linea di cellule, creata per future applicazioni nel campo della medicina rigenerativa, è un vero successo per l'equipe di Annelise Bennaceur-Griscelli. E' anche una buona notizia per l'intera comunità scientifica francese, giacché la nuova linea di cellule pluripotenti sarà a disposizione di tutti coloro che desiderano realizzarvi delle ricerche.
La linea cellulare deriva da un embrione sottoposto ad una diagnosi preimpianto (Dpi). La coppia che ha richiesto la Dpi aveva già perso due bambini per una grave malformazione cardiaca connessa alle anomalie cromosomiche. Grazie alla tecnica diagnostica, i biologi hanno individuato un embrione indenne dall'anomalia, riuscendo a impiantarlo. Tuttavia, hanno reperito altri embrioni anormali, dai quali hanno prelevato delle cellule e ottenuto una sola linea embrionale. Un lavoro difficile poiché i successi non superano il 20% - 30% quando si procede da embrioni anormali e dunque scarsamente vitali (contro il 50% di riuscita con embrioni sani).
“E' una vera impresa riuscire a far crescere simili cellule e mantenerle in vita", ha dichiarato Annelise Bennaceur-Griscelli. Il team ha prima ottenuto da cinquanta a sessanta cellule, ma oggi ne possiede parecchi miliardi, tutte identiche e pluripotenti. "Siamo già riusciti a far differenziare alcune di loro in cellule del miocardio e stiamo cercando di verificare se siano portatrici di anomalie simili a quelle osservate nei bambini", ha aggiunto la ricercatrice. Dalle cellule staminali gli scienziati sono anche riusciti a generare le cellule del sangue (globuli e piastrine) e linee di cellule nervose che verranno messe a disposizione per gli studi sulle malattie neurodegenerative.
Fonte: Le Figaro 24-10-2007

lunedì 22 ottobre 2007

Perché il Nobel ad Al Gore?

Certo ha portato in primo piano il problema globale della tutela dell’ambiente ma, forse, ci si è dimenticati il suo sostegno a Big Pharma contro l’accesso ai medicinali ai paesi del terzo mondo. Nel 1999 Al Gore viene accusato da parte di varie organizzazioni, tra cui Medici senza frontiere (a cui venne dato il Nobel per la pace proprio quell’anno), di schierarsi contro il popolo del Sud Africa che in quel momento combatte per avere accesso ai farmaci essenziali.
Nel 1997 il Sud Africa, uno dei paesi più colpiti dall’Aids, emanò una legge per eludere le leggi dettate da Big Pharma e disporre così di farmaci antiretrovirali a buon mercato. Grazie al “Medicines act” varato da Nelson Mandela (Nobel per la pace nel 1993), il ministro della Sanità autorizzò la licenza obbligatoria che consente di produrre versioni generiche a minor prezzo di farmaci essenziali sotto brevetto e un mercato parallelo che permette di importare farmaci da paesi dove costano meno e rivenderli senza l’autorizzazione delle multinazionali. La decisione del Sud Africa scatenò un putiferio. Anche se il governo sudafricano agiva nel pieno rispetto dei diritti sulla proprietà intellettuale, che autorizzano l’esenzione dal brevetto per farmaci essenziali nei paesi più poveri, un consorzio di 39 industrie farmaceutiche (un vero e proprio esercito) intentò causa a Pretoria. A fiancheggiarle c’erano l’amministrazione democratica e Al Gore, dall’altra parte della barricata Nelson Mandela. Il braccio di ferro tra Usa e Sud Africa finì nel 2001, quando la causa venne ritirata dalle multinazionali. Temendo di perdere i voti dagli afro-americani, e sotto pressioni internazionali, durante la corsa alla presidenza Gore favorì la fine della controversia.
Agli occhi del Karolinska Institutet il merito di Al Gore è quello di aver portato l’attenzione del mondo intero sull’emergenza del riscaldamento globale. Ma come mai spicca solo Al Gore e finiscono in ombra 2500 scienziati dell’Ipcc (Intergovernmental Panel on Climate Change) e l’Onu che ha redatto il rapporto sull’ambiente? Secondo molti questo Nobel, dopo l’Oscar, era prevedibile.
Il Nobel della pace dovrebbe essere dato a chi veramente si è speso per difenderla. E a questo punto, come non ricordare che fu durante la vicepresidenza Gore che gli Usa votarono le sanzioni contro l’Iraq. Sanzioni che secondo l’Oms e l’Unicef hanno causato la morte di 1 milione di bambini.

sabato 20 ottobre 2007

Quando le formiche invecchiano

Le formiche più anziane si incaricano dei compiti più pericolosi, per proteggere quelle giovani. Uno studio dimostra quanto questi piccoli insetti siano coscienti della propria età e stato fisico.
Quella di cambiare le proprie mansioni lavorative in base all'età è un'abitudine diffusa non solo tra le formiche, ma anche tra vari tipi di insetti sociali, come le api e le vespe. Tra questi insetti, sono sempre i più anziani a svolgere i lavori maggiormente a rischio, come ad esempio quello di andare alla ricerca di cibo fuori dal nido, mentre i giovani vengono incaricati di fare lavoro di mantenimento e conservazione del nido, per evitare che siano esposti a pericoli. Si tratta di una strategia che gli insetti utilizzano per mantenere sempre al massimo l'efficienza della colonia.
Tuttavia, fino a poco tempo fa non era ancora chiaro agli scienziati se questa divisione del lavoro fosse davvero determinata da un fattore d'età o meno. Per confermarlo, Dawid Moron e i suoi colleghi della Jagiellonian University in Polonia hanno ricreato in laboratorio undici colonie di una specie di formiche chiamata Myrmica scabrinodis, e composte principalmente da giovani formiche lavoratrici. In ogni colonia, a metà delle formiche che la popolavano è stata ridotta artificialmente l'aspettativa di vita, ad esempio esponendole a grandi quantità di anidride carbonica, che acidifica il loro sangue e causa danni al loro sistema nervoso, o causandogli delle ferite e aumentado quindi il rischio di infezioni. Queste formiche artificialmente "invecchiate" sono state rese riconoscibili da un puntino di vernice colorata sul loro corpo.
Durante le osservazioni successive, durate cinque settimane, gli scienziati hanno notato che le formiche marchiate hanno iniziato ad allontanarsi molto più delle altre, per andare alla ricerca di cibo che sfamasse tutta la colonia. L'osservazione ha confermato che non solo le formiche assumono ruoli lavorativi differenti in base all'avanzare negli anni, ma che sono anche in grado di misurare e ridimensionare la loro aspettativa di vita, indipendentemente dall'età. Il momento in cui le formiche danneggiate iniziavano ad avventurarsi lontano alla ricerca di cibo, infatti, non dipendeva solo dall'età, ma soprattutto da quanto serie erano le loro ferite o dal peggiorare del loro stato di salute. L'effetto è stato molto più forte e visibile nelle formiche "invecchiate" dalla presenza di anidride carbonica, rispetto a quelle che presentavano ferite sul corpo.
Fonte: Scienza Esperienza 16-10-07

Un test per l'Alzheimer

Un semplice esame del sangue potrebbe, in futuro, portare alla diagnosi del morbo di Alzheimer anni prima che si manifestino i sintomi: è una delle ricadute di una ricerca dell’Università di Stanford, pubblicata su Nature Medicine.
Gli indicatori della malattia sarebbero alcune proteine implicate nella comunicazione tra le cellule cerebrali. La scoperta aumenta la conoscenza dei meccanismi della patologia, e potrebbe portare allo sviluppo di terapie.
Gli studiosi hanno, innanzitutto, monitorato le proteine alterate nei malati rispetto ai sani. Poi hanno esaminato i campioni di sangue di 258 persone, alcune senza sintomi, altre con lievi deficit cognitivi, altre in fase conclamata. Delle 120 proteine “indagate”, solo 18 si sono dimostrate “colpevoli”, cioè caratterizzanti la patologia. L’esame risultava positivo in 90 persone su 100, sia nei pazienti asintomatici, sia in chi manifestava la malattia. Altri 47 volontari, senza sintomi, sono stati poi seguiti per periodi dai due ai sei anni: al termine dello studio il 91% di chi era risultato positivo aveva sviluppato il morbo.
L’Alzheimer colpisce mezzo milione di italiani e porta a una progressiva perdita delle funzioni cognitive, fino all’incapacità di compiere azioni elementari e di badare a se stessi. Le terapie sono, ad oggi, solo sintomatiche.
Fonte: ScienceDesk 17-10-07

mercoledì 17 ottobre 2007

Venter: di artificiale c'è solo la notizia

Il 6 ottobre il quotidiano britannico The Guardian sbatte in prima pagina una notizia bomba: la realizzazione di un cromosoma artificiale da parte dell’ormai leggendario biologo-imprenditore Craig Venter. La maggior parte dei quotidiani e telegiornali italiani riprende la notizia, ma passati due giorni si scopre che è tutta una bufala. Anche io ci sono cascata e ho messo la notizia sul blog, quindi mi sembra doveroso riportare la smentita con un piccolo commento tratto da Darwinweb. La lettura dell'articolo di The Guardian lascia piuttosto stupefatti: suona strano che un personaggio come Craig Venter – abituato a far andare in tilt i media – conceda uno scoop planetario a un quotidiano che certamente non apprezza, mentre avrebbe modo di sbarcare su tutti i telegiornali americani in prima serata. La seconda considerazione che giustifica il sospetto che il quotidiano abbia preso un granchio è sempre mediatica ma un po' più tecnica: se Venter avesse veramente raggiunto un tale risultato saremmo davanti a un "hot paper" che, come è già accaduto per il sequenziamento del genoma umano, meriterebbe non solo una conferenza stampa a livello internazionale, ma anche la pubblicazione in una rivista a fortissimo “impact factor”. I giornalisti accreditati ricevono con anticipo le press release delle principali riviste scientifiche, che in genere per molto meno annunciano, con raffiche di mail, il risultato, il luogo della conferenza stampa e addirittura username e password per poter accedere a un portale criptato dove si può seguire l'annuncio con audio e video di un lavoro che è ancora sotto embargo. Niente di tutto ciò è successo nei giorni precedenti lo scoop di The Guardian e nessuna pubblicazione scientifica con il nome di Venter è ancora apparsa. Come mai? Eppure quotidiani e telegiornali si sono scatenati per due giorni di fila intervistando nomi eccellenti della ricerca italiana, i quali - alcuni stupiti dalla notizia e altri con nonchalance – hanno rilasciato commenti su commenti. In altri tempi, quando la scienza non era uno scoop da prima pagina, nessun ricercatore serio si sarebbe espresso senza aver letto il lavoro in questione. Ma ormai i risultati scientifici, che ci siano o meno, contano poco, l’importante è finire sulla stampa. I sospetti che la notizia del cromosoma sintetico sia una bufala vengono confermati nel giro di 48 ore quando sui siti di diverse riviste – fra cui Nature e The Scientist – compare la smentita dell'addetta stampa di Venter, Heather Kowalski, la quale seccamente dichiara alla France Press: "Il risultato anticipato di cui riferisce qualcuno non c'è, quando ci arriveremo verrà pubblicato su una rivista scientifica". Infatti, Venter ha pubblicato solo qualche mese fa un lavoro sull'argomento, che se letto con attenzione riferisce di un mare di problemi che ancora non si sa come risolvere. Questo non significa che il risultato sia impossibile ma che, per il momento, non è a portata di mano. Il resto ha a che fare con il mondo dei media. Dopo così tanto clamore ci si sarebbe aspettato una smentita da chi ha strillato una notizia falsa ma tutto è passato sotto silenzio, anche sui nostri quotidiani…

L'articolo su The Guardian: http://www.guardian.co.uk/science/2007/oct/06/genetics.climatechange

Il commento su The Scientist: http://www.the-scientist.com/blog/display/53688/

lunedì 15 ottobre 2007

Merck: stop al vaccino anti-Aids

Il vaccino contro l’Aids che la Merck stava sperimentando non funziona sull’uomo. I risultati della sperimentazione, resi noti dalla ditta stessa, parlano chiaro: 3,2% di infezioni nel gruppo dei vaccinati contro il 2,8% nel gruppo trattato con il placebo. Il progetto, che interessava una rete di ospedali in diversi paesi, è stato interrotto.
“ La sua fine è vissuta da tutti come un lutto” dice Lawrence Corey della Global Hiv Vaccine Enterprise, società finanziata dalla fondazione Gates. Delle decine di studi in corso in tutto il mondo, con il coinvolgimento di 20000 volontari, questo sembrava uno dei più promettenti: frutto di un metodo di lavoro innovativo, aveva dato ottimi risultati in vitro e sugli animali. A differenza dei vaccini tradizionali, che stimolano la risposta all’agente infettivo da parte degli anticorpi, questo era mirato a rinforzare la risposta dei linfociti T, che aggrediscono le cellule già infette, impedendo al virus di riprodursi. La strada sembra, comunque, promettente: altri studi sono in corso con vaccini composti da un frammento del Dna del virus, ricreato in laboratorio, inserito in un microrganismo innocuo, usato come vettore. Anch’essi stimolano la risposta altamente specifica dei linfociti T. Altri studi lavorano sulle subunità, proteine o peptidi della membrana esterna del virus, sempre veicolate da un vettore.
Dall’inizio dell’epidemia, il virus Hiv ha ucciso 25 milioni di persone e ne ha infettate 40 milioni, di cui due terzi in Africa.
Fonte: ScienceDesk 14-10-07

mercoledì 10 ottobre 2007

Un esercito di...api

Api addestrate che volano sopra campi minati e individuano in modo esatto i punti dove si nascondono mine anti-uomo. Non si tratta di un nuovo film della Walt Disney bensì del risultato ottenuto da un gruppo di ricerca dell’Università di Zagabria, in Croazia, guidato da Nicola Kezic. Le api sono state addestrate a scovare il trinitrotoluene (Tnt), l’esplosivo più usato nelle mine. Le ciotoline che contengono il cibo viene circondato da piccole dosi di Tnt, quando le api vanno a mangiare associano i due odori. Gli insetti vengono poi liberati nei campi appena sminati, seguiti da telecamere ad infrarossi: se si concentrano in un punto vuol dire che li sotto si cela una mina sfuggita al controllo. L’addestramento dura solo 3 o 4 giorni, ma l’associazione Tnt-cibo deve essere costantemente ripetuta affinché le api non la dimentichino. In Croazia ci sono ancora 250 mila ordigni inesplosi nel terreno, eredità della guerra dei balcani tra il 1991 e il 1995. Rispetto ai cani antimine, le api hanno un grande vantaggio: la leggerezza. Non arrivando neanche al grammo di peso, non rischiano di far esplodere le bombe. Fonte: Panorama 4-10-07

Un telescopio gigante

Giant Magellan Telescope: questo è il nome del telescopio più grande che l’uomo abbia mai costruito, che sorgerà sulle montagne cilene di Las Campanas.
Il telescopio sarà terminato entro il 2016, e le sue capacità nell’osservare l’Universo saranno 10 volte più potenti di quelle dell’attuale Hubble Space Telescope.Il luogo di collocazione si trova nel Deserto di Atacama, noto per essere uno dei posti più secchi del pianeta, con cieli e un’atmosfera assolutamente limpidi e stabili (condizioni fondamentali per buone osservazioni astronomiche), e già ospita due telescopi gemelli da 6,5 metri di diametro chiamati anch’essi Magellano.
Il Giant Magellan utilizzerà 7 specchi principali da 8,4 metri di diametro che saranno assemblati in un unica gigantesca cupola. La struttura del telescopio, tuttavia, sarà diversa rispetto ai quelli classici, uno dei 7 specchi infatti, si troverà al centro con gli altri 6 che lo circonderanno a corolla. Una struttura già sperimentata con telescopi più piccoli, ma mai con quelli giganti. Se tutto funziona come dicono i calcoli il telescopio dovrebbe essere in grado di cogliere la luce dei primi oggetti formatisi subito dopo il Big Bang e, forse, di poter osservare anche pianeti extrasolari che ruotano attorno a stelle lontane.
I lavori inizieranno tra qualche mese e gli astronomi sperano di avere già 4 specchi funzionanti entro il 2013, già allora sarà il telescopio più grande al mondo. L’intero progetto costerà 550 milioni di dollari. Il primo specchio è già in fase di lavorazione presso il Mirror Laboratory dell’Università dell’Arizona (Usa).
Il Giant Magellan Telescope non è l’unico progetto di questo tipo. Gli astronomi americani si stanno già ingegnando per creare un telescopio da 30 metri di diametro, e in Europa si punta alla costruzione di un telescopio da 42 metri di diametro che si chiamerà European Extremely Large Telescope.

martedì 9 ottobre 2007

Un Nobel per le nanotecnologie

Il premio Nobel per la fisica del 2007 è stato assegnato al francese Albert Fert e al tedesco Peter Grünberg per lo sviluppo delle tecnologia che ha reso possibile la miniaturizzazione degli hard disk.
Nel 1988 Fert e Peter Grünberg scoprirono indipendentemente uno dall'altro un nuovo effetto fisico, la
magnetoresistenza gigante (GMR): piccolissimi cambiamenti di carica magnetica danno luogo a significative differenze nella resistenza elettrica in un sistema GMR. Un sistema di questo tipo rappresenta lo strumento ideale per la lettura di dati da un hard disk, la cui informazioni registrate magneticamente devono essere convertite in segnali elettrici. Appena scoperto, l'effetto divenne subito oggetto di ricerca ingegneristica per una sua applicazione e le prime testine basate sull'effetto GMR furono lanciate già nel 1997, diventando in breve lo standard di riferimento. Un hard disk immagazzina i dati sotto forma di minuscole aree magnetizzate in differenti direzioni. L'informazione è recuperata attraverso una testina di lettura che scandisce il disco e registra i cambiamenti magnetici. Quanto più piccolo e compatto è l'hard disk, tanto più piccola e debole è la singola area magnetizzata. Per una archiviazione compatta dei dati sono richieste quindi testine sempre più sensibili. Una testina basata sull'effetto GMR è in grado di convertire le minime differenze di magnetizzazione con particolare efficienza.
Alla base della scoperta dei due Nobel c'è un fenomeno conosciuto da oltre cento anni, cioè l'alterazione di una resistenza in un conduttore per effetto di un campo magnetico esterno. Finora questo effetto era poco apprezzabile, non aveva applicazioni pratiche. I due ricercatori sono riusciti però con un lavoro di ingegneria atomica a costruire una sorta di sandwich di materiale diverso ottenendo una risposta molto amplificata del campo magnetico. Questa amplificazione dell'effetto ha una grossa importanza per l'industria elettronica e in particolare per quella dei computer. Lo sviluppo di queste ricerche ha anche rivoluzionato il modo di ascoltare e trasportare la musica con la creazione dei lettori mp3, oggetti che fanno oramai parte del nostro quotidiano.
Si tratta quindi di un premio Nobel che tocca il campo delle nanotecnologie, e che mostra come l’uomo abbia capacità sempre più grandi di sfruttare delle proprietà molto particolari della materia, rendendole sempre più duttili e capaci di soddisfare esigenze industriali. Albert Fert, 69 anni, lavora presso l'unità di fisica dell'Università Parigi-Sud, mentre Peter Grünberg, 68 anni, è ricercatore presso il Centro di ricerche Jülich della Società scientifica Helmholtz, in Germania.
Fonte: Le Scienze 9-10-07

lunedì 8 ottobre 2007

Medicina 2007: il Nobel è anche italiano

L’annuncio è arrivato questa mattina dal Karolinska Institutet di Stoccolma: il Nobel per la medicina 2007 è stato assegnato all'italiano Mario Capecchi, all'inglese Martin Evans e all'americano Oliver Smithies. L'accademia di Svezia ha premiato i lavori sulle cellule staminali embrionali e sui meccanismi di ricombinazione del Dna in mammiferi. Queste scoperte hanno condotto allo sviluppo di una sofisticata tecnologia oggi utilizzata per manipolare i geni e creare una moltitudine di modelli animali per studiare le malattie umane.
Mario Capecchi e Oliver Smithies hanno avuto l'intuizione che la ricombinazione omologa del Dna (un processo che avviene nelle cellule di ogni organismo) potesse essere utilizzata per modificare in modo specifico singoli geni mediante l’introduzione di Dna esogeno in cellule di mammifero. Capecchi ha il merito di aver messo a punto la tecnica del “gene targeting”, che consente di creare mutazioni o delezioni di geni con altissima precisione. E’ con l’applicazione di questa tecnica su cellule embrionali che sono nati i primi topi geneticamente modificati, ed è ancora così che oggi vengono creati, in tutto il mondo, milioni di topi modello per lo studio di malattie umane inguaribili, come tumori, malattie cardiovascolari, malattie degenerative etc…
Mario Capecchi è nato a Verona nel 1937, ma ha sempre studiato e lavorato negli Stati Uniti. Si è diplomato in chimica e fisica all'Antioch College nel 1961 e ha maturato il Ph.D. in biofisica ad Harvard, nel 1967, con una tesi di dottorato in biologia molecolare, supervisionata dal padre del Dna James Watson. Capecchi lavora oggi al Howard Hughes Medical Institute della University of Utah.
Per sentire l'intervista del Corriere Tv a Capecchi:

domenica 7 ottobre 2007

Staminali da cordone ombelicale: a che punto siamo?

La Crioestaminal ha annunciato nei giorni scorsi il primo trapianto realizzato con staminali da sangue da cordone ombelicale conservate in una banca privata.
L'operazione è stata realizzata lo scorso febbraio, in Portogallo, su un bimbo di 14 mesi. I genitori avevano conservato il cordone ombelicale del fratello mediante la Crioestaminal. L'Istituto Portoghese di Oncologia ha quindi usato le cellule staminali per trattare l'immunodeficienza severa combinata (SCID) di cui era affetto il bambino di Coimbra. Si tratta di un gruppo eterogeneo di patologie rare, caratterizzate da deficienze del sistema immunitario che rende coloro che ne sono affetti più suscettibili ad infezioni gravi, spesso ricorrenti ed eventualmente fatali. Il trapianto è stato realizzato con successo ed il bambino ha registrato miglioramenti significativi.
Sono molti i vantaggi della conservazione delle staminali del cordone: la possibilità di avere a disposizione, in futuro, delle cellule staminali perfettamente compatibili in quanto prelevate dallo stesso donatore su cui saranno utilizzate e quindi si evitano i problemi di rigetto. Inoltre hanno il 25% di probabilità di essere compatibili con consanguinei. Le staminali del cordone sono simili a quelle del midollo osseo, producono globuli bianchi, rossi e piastrine e sono utili per autotrapianti in caso di malattie oncologiche del sangue, come linfomi e leucemie. Inoltre sono utili per ricostruire tessuti e organi (retina, pelle, ecc.) e ultimamente si utilizzano anche per la cura di alcune patologie cardiologiche e, per il futuro, la speranza è che possano curare malattie come l'Alzheimer, il Parkinson e il diabete giovanile.
In Italia la conservazione, in banche private, delle cellule staminali del cordone ombelicale per uso autologo è vietata, ma sempre più genitori desiderano conservare le preziose cellule per garantire al nascituro una possibilità di cura, in caso di futura malattia. Ad oggi nel nostro Paese è ammessa solamente la conservazione in banche pubbliche ma solo il 10% dei cordoni ombelicali viene raccolto, gli altri vengono buttati tra i rifiuti.
I genitori che intendono far conservare le cellule staminali in una banca privata all'estero, possono farlo richiedendo un'autorizzazione al Centro Nazionale Trapianti. Il prelievo delle staminali non comporta nessuno rischio né per il bimbo né per la madre e può essere fatto sia in caso di parto naturale che in caso di cesareo. Dopo il taglio del cordone, si incannula la vena ombelicale e si raccoglie il contenuto in una sacca sterile apposita. La sacca può essere inviata all'estero e deve arrivare alla banca entro 36-48 ore dal prelievo. Una volta raggiunta la banca, il campione è sottoposto a controlli anti-virali e anti-batteriologici e poi viene crioconservato in speciali contenitori in azoto liquido (-190°C).
Sito italiano della Crioestaminal :
http://cryo.hematos.com
Fonte: MolecularLab

Un cromosoma artificiale

L'annuncio ufficiale avverrà lunedì, ma Craig Venter anticipa al quotidiano The Guardian la realizzazione in laboratorio di un cromosoma artificiale.
Una ventina di scienziati, tra cui anche premi Nobel, della sua equipe sono riusciti a sintetizzare parti essenziali del cromosoma batterico di Mycoplasma genitalium, battezzandolo Mycoplasma laboratorium. Il nuovo genoma batterico ha 381 geni, tutti sintetici, contro i 517 dal mycoplasma di origine.Basterà sostituirlo in una cellula perché questo cromosoma di laboratorio crei il primo passo verso la vita artificiale. Già nel luglio 2007 Craig Venter ed il suo team, alla ricerca del genoma minimo necessario per la vita (stimato in meno di 400 geni) erano riusciti a trasferire il genoma da un batterio all'altro.
In un certo senso, si può dire che Craig Venter viaggia sullo stesso filone di ricerca del premio Nobel Arthur Kornberg, il quale una ventina di anni fa produsse il primo virus sintetico. L'idea di Venter è di studiare il ruolo di ogni gene, per poi piegarlo ai bisogni dell'uomo. Per esempio alla creazione di farmaci e vaccini o sostanze come l'insulina.
"E' una conquista conoscitiva importantissima, potremo ottenere batteri e microrganismi utili. Per esempio capaci di digerire sostanze tossiche e veleni o in grado di ripulire il mare dal petrolio. Di questa scoperta non dobbiamo avere paura. Noi scienziati lavoriamo per capire la natura e i suoi segreti. Sono gli altri che vogliono sempre sapere quali possibili applicazioni scaturiscono dalle nostre scoperte" ha commentato Edoardo Boncinelli.
Fonte: MolecularLab 6-10-07

Scienza e risate

Dire che sono strambe è riduttivo. Parliamo delle invenzioni presentate alla cerimonia degli "Ig-Nobel 2007" a Cambridge, nel Massachusetts, durante la quale vengono assegnati premi Nobel alternativi.
L'iniziativa, organizzata dagli “
Annals of Improbable Research” (AIR), una rivista scientifico-umoristica di Harvard, si pone due obiettivi: far ridere ma anche far riflettere, come hanno ribadito i suoi ideatori. La cerimonia, che anticipa di pochi giorni la stagione dei Nobel veri, e' seguita da centinaia di studiosi che per una sera abbandonano i compassati panni accademici per sganasciarsi sulle tematiche più strambe.
A vincere l' "anti-Nobel" 2007 per la Pace è stata una bomba chimica che una volta lanciata sui soldati produce una forte attrazione omosessuale. La "bomba gay" dovrebbe permettere di sconfiggere un esercito nemico spingendo i soldati a irrefrenabili passioni. Verrebbe in mente il celebre proverbio "fate l'amore, non fate la guerra" pensando alla singolare arma bellica, che insieme a tante altre creazioni ha partecipato alla diciassettesima edizione del concorso che si è tenuto giovedì sera a Cambridge.

giovedì 4 ottobre 2007

Un'anestesia molto locale

Le varie tipologie di anestesia totale e locale usati finora incidono sull’eccitabilità di tutti i neuroni. Di conseguenza, questi trattamenti producono diversi effetti collaterali, come la perdita di coscienza nel caso dell’anestesia totale o la paralisi temporanea nel caso degli anestetici locali. I ricercatori del Massachusetts General Hospital e dell’Harvard Medical School (Usa) sono riusciti invece ad agire solo sui neuroni sensibili al dolore senza interferire con l'attività degli altri. I risultati della ricerca, condotta dal laboratorio di Alexander Binshtok, sono pubblicati su Nature.
Il nuovo metodo combina una molecola chiamata Qx-314 (un derivato normalmente inattivo dell’anestetico locale lidocaina), con la capsaicina, il principio attivo del peperoncino. Il composto agisce sfruttando una proteina presente solo nei neuroni del dolore, la Trpv1, sensibile alla capsaicina, che, in sua presenza, agisce sulla permeabilità della membrana cellulare. A questo punto entra in azione il Qx-314, che normalmente non può penetrare le membrane cellulari. Grazie all'azione della capsaicina sulle membrane dei neuroni del dolore, il Qx-314 è in grado di entrare e bloccare le attività cellulari, mentre rimane fuori dagli altri tipi di neurone.
I ricercatori hanno sperimentato il metodo iniettando il Qx-314 combinato con la capsaicina nel nervo sciatico di alcuni ratti, perché perdessero la sensibilità al dolore degli arti posteriori. Gli animali hanno continuato a muovere normalmente le zampe e a rispondere agli altri stimoli. Secondo gli autori, la combinazione delle due molecole potrebbe in futuro essere sfruttata per un’anestesia senza perdita di coscienza o paralisi temporanee, e rivoluzionare l’uso degli analgesici chirurgici e post chirurgici. Saranno comunque necessari molti studi prima che il metodo possa essere considerato sicuro per l’uomo.
Fonte: Galileo 3-10-07

mercoledì 3 ottobre 2007

I 50 anni dello Sputnik

Esattamente 50 anni fa, il 4 ottobre del 1957, Mosca annuncia che dalla base di Baikonur, nell’odierno Kazakistan, è stato lanciato nello spazio con successo il primo satellite artificiale terrestre: lo Sputnik1.
Si tratta di una sfera di alluminio di 58 centimetri di diametro, pesante 83,6 chilogrammi e corredata di quattro antenne lunghe tra 2,4 e 2,9 metri, che dallo spazio lancia un bip-bip dal suono metallico. È la prima volta che un oggetto costruito dall’uomo supera l´atmosfera del pianeta e raggiunge lo spazio, tra 228 e 947 chilometri di altezza.Sputnik in russo significa “compagno di viaggio”, ed è il primo di una serie di successi spaziali dell’Urss: seguono il lancio dello Sputnik 2, con a bordo la famosa cagnetta Laika, e l’impresa di Jurij Gagarin nel 1961.
Il 5 ottobre 1957, Radio Mosca annuncia che l´Unione Sovietica ha inaugurato una nuova era: inizia la conquista dello spazio. L’evento viene presentato come un’inestimabile affermazione della scienza e del progresso, in realtà dietro alla “corsa allo spazio” c’è un’altra corsa ben più inquietante e agguerrita: “la corsa agli armamenti”. Il lancio dello Sputnik1 segna uno spartiacque nella storia della guerra fredda. Gli Stati Uniti restano non solo attoniti e increduli, per essere stati superati in capacità scientifica e tecnologica dall´Urss, ma anche preoccupati e persino spaventati.
E’ così che in America inizia una mobilitazione culturale e politica senza precedenti, la corsa alle armi riempie gli arsenali di decine di migliaia di ordigni nucleari e lancia le basi per una nuova economia, fondata sulla produzione incessante di nuova conoscenza. Viene superata l’economia fondata sulla produzione industriale di beni materiali e crescono gli investimenti in ricerca, scientifica e tecnologica, e nell’alta formazione. Se oggi ci troviamo in un’epoca in cui scienza e tecnologia regnano ovunque, lo dobbiamo un pò anche allo Sputnik.

lunedì 1 ottobre 2007

Ci son 2 coccodrilli ed 1 orangotango...

Sono undici le nuove specie di piante e animali scoperte in un’area remota e rigogliosa del Vietnam centrale, l’annuncio è arrivato da WWF Italia lo scorso 26 settembre. Si tratta di due farfalle, un serpente, cinque orchidee e altre tre specie di piante, tutti esclusivi della foresta pluviale conosciuta come ”Corridoio Verde” delle montagne Annamite.
La nuova specie di serpente, definita “dal labbro bianco” (Amphiesma leucomystax) ha una fiammata bianca e gialla che dalla bocca scende dietro la testa, e il suo corpo è coperto di piccole macchie rosse. Vive vicino ai ruscelli dove cattura rane e altri piccoli animali, e può arrivare a 80 cm di lunghezza.
Una delle due nuove farfalle appartiene al genere Zela ed è capace di voli rapidi e precisi, l’altra invece rappresenta addirittura un nuovo genere nella sottofamiglia delle Satyrinae.
Delle cinque nuove specie di orchidee, tre sono completamente prive di foglie (cosa rara per le orchidee), non contengono clorofilla e vivono sulla materia in decomposizione come molte specie di funghi. Altre dieci specie di piante, tra cui quattro orchidee, sono ancora in fase di esame, ma è molto probabile che anch’esse risulteranno nuove alla scienza.
Il Corridoio Verde si trova nella provincia di Thua Thien Hue, tra il parco nazionale Bach Ma e la Riserva Naturale Phong Dien, e costituisce un vero e proprio serbatoio ecologico per il mondo intero. Ospita il più alto numero di gibboni dalle guance bianche presenti in Vietnam, uno dei primati più minacciati al mondo, altre specie di scimmie come il langur, la tigre, il leopardo nebuloso ed è ritenuto il luogo più adatto per la conservazione del saola o pseudorice, un bovide selvatico scoperto dagli scienziati solo nel 1992.
Fonte: WWF Italia
http://beta.wwf.it/client/ricerca.aspx?root=13656&parent=3706&content=1

Una microspia per il cuore

Si chiama “Reveal”, il più piccolo e potente monitor cardiaco, impiantato per la prima volta in Italia, all’Ospedale Sant’Anna di Como. L’operazione è avvenuta in day hospital su un paziente di 71 anni.
Si tratta di un dispositivo di piccolissime dimensioni che viene inserito nel petto, sottocute, per monitorare il battito cardiaco di pazienti cardiopatici con fibrillazione atriale. La “scatola nera” del cuore, così ribattezzata, consente di registrare ininterrottamente l’attività cardiaca del paziente per una durata di 3 anni. Il medico può scaricare i dati e controllare periodicamente se la terapia somministrata è adeguata.
La fibrillazione atriale rappresenta la forma più frequente di aritmia cardiaca e interessa 4,5 milioni di adulti in Europa.

mercoledì 26 settembre 2007

E' il momento di rivedere la Legge 40

Una sentenza del Tribunale di Cagliari ha riconosciuto ad una coppia sarda il diritto alla diagnosi preimpianto. I due futuri genitori sono portatori sani di talassemia e rischiano di mettere al mondo un figlio con lo stesso difetto genetico e con una probabilità del 50% di essere malato.
La diagnosi preimpianto, vietata dalla legge 40 sulla fecondazione assistita, è l'unico mezzo che consente di sapere, prima che l'embrione sia trasferito nel grembo materno, se si svilupperà in un bambino sano. Oltretutto, le nuove biotecnologie nel campo dell’embriologia sono accessibili solo alle persone sterili, restano tagliati fuori quei portatori di patologie genetiche in grado di concepire naturalmente un bambino. La nuova sentenza mette in discussione questi limiti e apre uno spiraglio per alcune modifiche. Secondo la sentenza del Tribunale di Cagliari, il diritto alla salute della futura madre e del futuro nascituro sono garantiti dalla Costituzione e prevalgono sul divieto di diagnosi posto dalla legge 40. La Asl e il primario di ginecologia dell'ospedale Microcitemico, dove la coppia è stata seguita, dovranno quindi eseguire l'esame per la diagnosi sull'embrione congelato, già negato nel 2005.
Il primo ricorso presentato dal legale dei due coniugi (basato sul contrasto tra l'articolo 13 della Costituzione e il 32) era stato dichiarato inammissibile dalla Consulta. La seconda iniziativa legale si è basata invece sull'incapacità della donna a sostenere psicologicamente la nascita di un bambino malato. La donna, portatrice di beta-talassemia, aveva già abortito due volte e, dopo avere atteso invano una gravidanza naturale, si era rivolta all’ospedale Microcitemico, per tentare la fecondazione artificiale. Secondo la legge 40, l'unico embrione ottenuto avrebbe dovuto essere impiantato senza nessuna diagnosi, la donna ha ovviamente preferito non rischiare e il ginecologo si è visto obbligato a congelare l’embrione (una procedura che va contro la legge 40 ma che è sempre più adottata dai medici italiani). Dopo un viaggio ad Istanbul, dove è stato possibile fare la diagnosi preimpianto, la donna è ora in attesa di una bambina sana, e vorrebbe affrontare un'altra gravidanza se l'embrione congelato nel 2005 fosse sano.
La sentenza sarda è arrivata proprio nel momento giusto. Nelle prossime settimane, infatti, il ministro Livia Turco, dovrebbe accingersi a rivedere e eventualmente modificare le linee guida della legge 40. I punti della legge più contestati sono il divieto della diagnosi preimpianto, il limite massimo di 3 ovuli da sottoporre a fecondazione e l’obbligo d’impianto di tutti gli ovuli fecondati senza la possibilità di congelare gli embrioni.
Fonte: MolecularLab 26-09-07

lunedì 24 settembre 2007

Il piumaggio del Velociraptor

Che gli uccelli si siano evoluti a partire dai dinosauri è ormai un'evidenza scientifica acquisita. Numerosi fossili di rettili presentano caratteristiche anatomiche del tutto analoghe a quelle degli uccelli, sia per la morfologia dello scheletro, sia per la presenza del piumaggio. E ora, alle diverse specie di dinosauri con penne e piume va aggiunto anche il Velociraptor.
Questo piccolo e veloce predatore del Cretaceo Superiore (circa 100-90 milioni di anni fa), reso celebre dal film “Jurassic Park”, assomiglia più ad un grosso tacchino che ad un temibile carnivoro. La presenza delle strutture tipiche degli uccelli è stata dimostrata dai ricercatori dell’American Museum of Natural History di New York, su alcuni fossili rinvenuti in Mongolia nel 1998. Come riporta l'articolo pubblicato su Science, le penne non si sono conservate, ma l’ulna di questi rettili presenta una fila di escrescenze ossee simili a quelle degli uccelli attuali. In queste escrescenze si inseriscono le penne che consentono il volo, le remiganti secondarie. Le ossa degli arti anteriori ritrovate mostrano sei sporgenze, distanti 4 millimetri l'una dall'altra, lasciando supporre la presenza di 14 penne. Il famoso Archaeopteryx, il primo fossile rinvenuto, nel 1860, che mostra caratteristiche sia dei rettili sia degli uccelli, con tanto di calco di una piuma, ne portava 12.
I paleontologi hanno stimato che questo Velociraptor doveva essere lungo circa un metro e mezzo e pesare 15 chili. La taglia e le dimensioni relativamente ridotte dell’arto anteriore consentono di escludere che questo rettile fosse in grado di volare. È ancora da stabilire se le penne fossero un residuo evolutivo ereditato da antenati volatori o se fossero adibite a funzioni specifiche, come il bilanciamento nella corsa, il controllo termico del nido o se fossero strutture ornamentali per il corteggiamento.
Fonte: Galileo 24-09-07

Un vaccino contro il melanoma

E' stato messo a punto un vaccino terapeutico in grado di rallentare la crescita del melanoma, uno dei tumori della pelle più pericolosi. Per ora è stato testato solo su animali di laboratorio ma ha dato buoni risultati.
Il vaccino si basa sull'ingegnerizzazione genetica dei linfociti. I ricercatori hanno prelevato dei linfociti del topo, li hanno modificati in modo che possano trasportare l'antigene del tumore nella giusta destinazione. In seguito vengono re-iniettati nell'organismo dove muoiono e rilasciano l'antigene. Le cellule dendritiche catturano, poi, l'antigene tumorale rilasciato dai linfociti-navetta e lo rendono visibile alle cellule T, che hanno l'incarico di rispondere agli attacchi esterni. Queste cellule hanno attivato una risposta immunitaria contro il melanoma, rallentandone la proliferazione. Il sistema terapeutico messo a punto, riproduce un meccanismo immunitario naturale che viene indirizzato contro le cellule tumorali.
Lo studio, condotto dai ricercatori della società biotecnologica Molmed e dell'Istituto scientifico San Raffaele di Milano, ha approfondito le basi precliniche di questo approccio di vaccinazione terapeutica antitumorale mentre è attualmente in sperimentazione clinica di fase I-II, un vaccino per il melanoma metastatico (che sfrutta lo stesso tipo di meccanismo), chiamato M3TK.
Fonte: MolecularLab 24-09-07