martedì 24 luglio 2007

Liberati "i sei di Bengasi" !

Sono a Sofia, finalmente liberi, le 5 infermiere bulgare ed il medico d'origine palestinese (naturalizzato bulgaro) che più di 8 anni fa furono accusati di aver diffuso l'Aids tra i bambini ricoverati in un ospedale di Bengasi, in Libia. E' stato un caso diplomatico, a dir poco torbido ed inquietante, che ha tenuto l'opinione pubblica con il fiato sospeso per gli ultimi 3 anni. Il fatto è accaduto alla fine del 1998, quando secondo lo stato libico gli accusati - diventati famosi con il nome “i sei di Bengasi”- avrebbero deliberatamente contagiato oltre 400 bambini con sangue infetto da Hiv. Da quel giorno “i sei” sono entrati in un tunnel infernale che sembrava non aver più fine. L’accusa, lanciata dallo stesso Muammar Gheddafi, è di aver commesso un crimine contro lo stato libico, un complotto organizzato dalla Cia o dall’Intelligence israeliana Mossad, ideato per colpire la Libia con un’epidemia di Aids e indebolire cosi il suo potere nel mondo arabo. Dal punto di vista scientifico, la questione è stata velocemente chiarita. Una commissione di esperti nominata da l’Unesco - formata da Luc Montagnier e Vittorio Colizzi - è stata chiamata in causa. I due esperti, che hanno avuto accesso ai dati clinici e ai campioni virali dei bambini infetti, hanno dichiarato nel 2003 l'innocenza dei 6 accusati. Gli studi, pubblicati poi su riviste internazionali, hanno dimostrato che l’infezione era presente nell’ospedale dove operava il personale straniero ben prima del loro arrivo. Né queste prove, né gli appelli di numerosi scienziati e premi Nobel sono serviti a porre fine all’assurda accusa. Si doveva trovare una spiegazione al perché un contagio associato alla decadenza morale dell’Occidente si fosse diffuso così rapidamente tra gli innocenti in un Paese che si considera all’avanguardia della purezza islamica. Dopo diversi processi "i sei" sono stati condannati a morte per fucilazione nel 2004, condanna revocata e riconfermata nel dicembre 2006. La prima buona notizia è arrivata lo scorso 17 luglio, quando il Consiglio superiore delle istanze giudiziarie ha deciso di commutare le pene di morte in carcere a vita. Questo grazie alla rinuncia da parte delle famiglie dei bambini, a cui è stato versato un indennizzo di un milione di dollari per vittima. Secondo la legge islamica, infatti, l’indennizzo "è il compenso del sangue che implica il perdono". La seconda ottima notizia è arrivata invece oggi: la libia ha concesso l’estradizione “dei sei”, e il presidente bulgaro, Giorgi Parvanov, ha emesso un decreto per la loro grazia. I sei sono atterrati questa mattina a Sofia sul jet presidenziale francese, accompagnati dalla signora Sarkozy, il commissario europeo per le relazioni esterne Benita Ferrero-Waldner e il segretario generale dell'Eliseo Claude Gueant. La fase finale della trattativa è stata condotta dal presidente francese Nicolas Sarkozy, ovviamente spalleggiato dall'Unione europea. L'apparizione finale del leader francese, tempistica perfetta che gli ha conferito sui giornali i meriti per la risoluzione della questione libica, ha immediatamente sollevato non poche polemiche. Soprattutto da parte di chi da anni portava avanti la battaglia. Comunque, tutto bene ciò che finisce bene, verrebbe da pensare… Ma rimane il fatto che nel XXI secolo siamo stati testimoni di un caso che sembra tratto dalle pagine della “Storia della colonna infame” di Alessandro Manzoni. Storia che inizia con: “I giudici che, in Milano, nel 1630, condannarono a supplizi atrocissimi alcuni accusati d’aver propagato la peste con certi ritrovati sciocchi non meno che orribili…”

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