martedì 20 marzo 2007

La minaccia tubercolosi

Per ora in Italia sono stati segnalati solo 8 casi. Un numero esiguo, è vero, ma un segnale preoccupante. La tubercolosi «a resistenza estesa» (extensively drug-resistant, o xdr Tb), infatti, non risponde alla terapia di prima scelta e neppure ai principali farmaci tra quelli considerati di seconda linea. Si tratta, in sostanza, di una malattia difficilissima da curare e che può portare facilmente alla morte.
I paesi poveri del mondo sono naturalmente i più colpiti, così come i paesi dell´ex Unione Sovietica. Recentemente però la nuova forma di tubercolosi è comparsa in Sudafrica, in Canada, in Spagna e ora, secondo un nuovo studio che sarà pubblicato sulla rivista Emerging Infectiuos Diseases, anche in Germania e in Italia.
E così la tubercolosi torna a far parlare di sé. All´inizio del secolo scorso il bacillo di Koch era la principale causa di morte in Europa e negli Stati Uniti. Poi arrivarono gli antibiotici e, almeno nei paesi ricchi del mondo, la tubercolosi allentò la presa, tanto che oggi qualcuno pensa che sia una malattia legata al passato. In realtà non è così. La tubercolosi ha continuato a colpire in tutto il mondo. In particolare, da quando è iniziata l´epidemia di Aids, anche la tubercolosi ha ripreso forza. L´immunodepressione causata dall´Hiv, infatti, fa sì che sia più facile infettarsi con il batterio della tubercolosi se si ha già l´Aids. Oggi si stima che gli infettati siano circa 2 miliardi, un terzo della popolazione mondiale. Ogni anno si registrano circa 9 milioni di nuovi casi. E per causa sua nel solo 2004 sono morte 1 milione e settecentomila persone: quasi 5000 al giorno.
La malattia colpisce, ancora una volta, soprattutto i paesi poveri, in particolare il sud est asiatico e l´Africa sub-sahariana. Tuttavia, non si deve dimenticare che la tubercolosi è una malattia infettiva, che si trasmette per via aerea e che il mondo è sempre più piccolo vista la velocità degli spostamenti e i flussi migratori. Quindi, non dobbiamo pensare che la tubercolosi sia qualcosa che non ci riguarda.
Lo dice chiaramente lo slogan scelto dall´Oms per celebrare la giornata mondiale della tubercolosi il 24 marzo prossimo: «Tb anywhere is Tb everywhere». Ovvero, se la tubercolosi è presente in un qualsiasi luogo del mondo si diffonderà in tutto il mondo.
Del resto, anche in Italia, la tubercolosi non è mai sparita: ogni anno si contano circa 6000 nuovi casi di malattia. La cosa più preoccupante, però, è che sta tornando ad essere una malattia difficilmente curabile. Negli anni passati si era già assistito al diffondersi di una tubercolosi multiresistente che non si riusciva a curare con la rifampicina e l´isoniazide, i due farmaci più utilizzati. In questi casi, i medici avevano a disposizione i cosiddetti farmaci di seconda linea che, peraltro, presentavano già molti difetti: erano molto più difficili da trovare, molto più costosi (circa 10 volte di più) e davano effetti collaterali più gravi. Ma, recentemente si è visto che alcuni pazienti non miglioravano neppure con questi nuovi farmaci. Si è affacciata così al mondo la tubercolosi xdr. Nel 2006 l´Organizzazione Mondiale della Sanità, ha calcolato che il 10% delle tubercolosi multiresistenti erano in realtà tubercolosi xdr.
La nascita di ceppi del batterio della tubercolosi resistenti ai farmaci è dovuta a una terapia sbagliata o seguita male. Il fatto è che la cura per questa malattia è lunga e complessa. Interromperla a metà o comunque non seguirla secondo le modalità e i tempi prescritti può far nascere dei batteri capaci di sopravvivere ai farmaci che normalmente sono in grado di annientarli. Questi nuovi batteri vengono poi diffusi nella popolazione attraverso le normali modalità di contagio della malattia.
Come spiegano gli autori di un editoriale uscito il 15 febbraio scorso sul New England Journal of Medicine, per interrompere il circolo vizioso ci vogliono diagnosi tempestive e accurate, terapie appropriate e controlli che garantiscano che le cure vengano seguite in modo esatto. E poi, ci vogliono test diagnostici che dicano in tempi brevi se ci si trova di fronte a un batterio resistente ai farmaci in modo da prendere misure per evitare il contagio di altre persone, in particolar modo usando al meglio i farmaci che ancora hanno un effetto sul batterio. Anche perché, sottolineano gli autori, altri farmaci per la tubercolosi non ce ne sono e non ci saranno per i prossimi anni. E anche per un nuovo vaccino non ci sono prospettive a breve termine. Anzi, uno studio appena pubblicato su Pnas dimostra che i vecchi vaccini funzionerebbero addirittura meglio di quelli attualmente in uso.
Fonte: L'Unità 19-03-07

Nessun commento: