lunedì 5 febbraio 2007

Cellule staminali amniotiche: è tutto oro ciò che luccica?

Scoperta una nuova fonte di cellule staminali: diverse dalle staminali embrionali e da quelle adulte, pluripotenti e in grado di generare un buon numero di tipi cellulari differenziati dell’organismo. Una notizia che ha fatto velocemente il giro del mondo, e che è stata annunciata il 7 gennaio con la pubblicazione on-line, su Nature Biotechnology, di uno studio eseguito da ricercatori della Wake Forest University School of Medicine e della Harvard Medical School.
Le cellule staminali in questione, chiamate AFS (Amniotic Fluid-derived Stem), sono derivate dal fluido amniotico e si candidano ad essere la tanto attesa alternativa alle cellule staminali embrionali. Si, perché le AFS mostrano un’alta plasticità con molte caratteristiche simile alle staminali embrionali, e sono svincolate da qualsiasi problematica di carattere etico. Ma, anche su questa terza via la comunità scientifica sembra essersi divisa: c’è chi ha accolto la novità con molto scetticismo, chi pensa che sia invece una vera svolta nel campo delle staminali, e chi, semplicemente, che sia troppo presto per pronunciarsi.
Lo studio, durato sette anni, è iniziato prelevando liquido amniotico da donne incinte. “Che nella placenta e nel liquido amniotico fossero presenti cellule progenitrici dell’embrione in via di sviluppo era noto da anni” - ha spiegato Anthony Atala, che ha guidato il team di ricerca – “Ma non era chiaro se esistessero delle vere cellule staminali, e noi abbiamo trovato che la risposta è si”. I ricercatori hanno scoperto che circa l’1 per cento di queste cellule è di tipo staminale, in grado di dar luogo a diversi tessuti. Gli autori del lavoro ritengono che le AFS possano costituire uno stadio intermedio tra le cellule staminali embrionali e quelle adulte, possedendo marcatori caratteristici di entrambi questi tipi. Le nuove cellule staminali sembrano avere grandi potenzialità per il campo della medicina rigenerativa: sono molto versatili con il vantaggio di essere facilmente isolabili e manipolabili. Le AFS si ottengono da campioni di liquido amniotico prelevati con l’amniocentesi, un test prenatale eseguito di routine e accettato dalla comunità medica per i minimi rischi per il feto, oppure, dopo il parto, dalla placenta. Una volta isolate, le AFS crescono velocemente, in coltura raddoppiano ogni 36 ore. Sono, inoltre, in grado di moltiplicarsi a lungo termine senza andare incontro a nessun tipo di differenziamento e, soprattutto, senza sviluppare tumori, problema che s’incontra invece con l’uso delle cellule staminali embrionali. Negli ultimi anni, gli scienziati sono riusciti a far differenziare le AFS in cellule muscolari, ossee, sanguigne, adipose, nervose ed epatiche. Sono stati anche condotti i primi esperimenti di rigenerazione di tessuti su cavie, e questi hanno dato degli ottimi risultati. Ad esempio, cellule AFS umane messe in coltura e fatte differenziare in cellule nervose sono state inserite nel cervello di topi affetti da malattie neurodegenerative. I ricercatori hanno osservato che le cellule nervose, oltre a ripopolare l’area cerebrale danneggiata, sono anche in grado di produrre neurotrasmettitori in modo da ottenere un parziale ripristino delle funzionalità. Allo stesso modo, è stato dimostrato che le cellule ossee derivanti da AFS sono in grado di rigenerare il tessuto osseo, e che quelle epatiche riescono a secernere urea. Inoltre, ad una conferenza stampa, Anthony Atala ha dichiarato di avere dati non pubblicati che dimostrano che le AFS sono anche capaci di formare le cellule del sangue.
Nel frattempo, lo scienziato ha richiesto il brevetto per le AFS e per il metodo d’isolamento. Secondo molti ricercatori queste nuove cellule potrebbero diventare la principale fonte di staminali per uso clinico. Solo negli Stati Uniti avvengono quattro milioni di parti l’anno e ciò basterebbe per creare una banca di cellule fetali che soddisfi la necessità di trapianto dell’intera popolazione americana.
Ma, se parte della comunità scientifica è entusiasta della scoperta, descrivendola come “la buona notizia di inizio 2007”, la restante parte è invece assolutamente scettica e contrariata dal tanto clamore suscitato. Molti ricercatori sostengono che il team di Atala non abbia affatto scoperto una nuova popolazione di cellule staminali, ma che abbia solo caratterizzato meglio cellule già studiate da altri gruppi. “Ho la netta sensazione che stiamo semplicemente dando nomi diversi alla stessa cellula”, ha dichiarato Dario Fauza, chirurgo pediatrico al Children’s Hospital di Harvard, e pioniere nel campo delle colture di cellule derivate da liquido amniotico. Dello stesso parere è Ming-Son Tsai, ricercatore del Cathay General Hospital di Taiwan, e autore di un lavoro pubblicato l’anno scorso su Biology of Reproduction, che descrive la coltivazione di cellule mesenchimali staminali derivate da cellule del liquido amniotico.
Certo che, visto il numero sempre crescente di studi pubblicati nel campo delle cellule staminali, di “notizie bomba” su nuove cellule che risolveranno tutti i nostri problemi e di lavori acclamati e poi ritrattati, forse l’atteggiamento migliore è quello che gli americani chiamano “wait-and-see attitude”, ovvero aspettiamo vigili e vediamo che succede.

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