martedì 23 gennaio 2007

Staminali ottenute con partenogenesi

Per la prima volta al mondo, alcuni ricercatori argentini sono riusciti a far sviluppare degli ovuli congelati di donna senza l'intervento degli spermatozoi. L'esperimento è stato guidato da Ester Polak de Freid del CER e da un altro argentino, José Cibelli - uno dei pionieri della tecnica di clonazione - dell'Università del Michigan. In questo caso non è stata usata la discussa tecnica di clonazione, bensì la partenogenesi o riproduzione asessuata. In futuro questa tecnica potrebbe fornire cellule staminali "autoriparatrici", utilizzabili da donne affette da malattie come l'Alzheimer, il Parkinson o il diabete. Questa modalita' di riproduzione - che in natura riguarda alcune specie come le formiche, le pulci d'acqua, le api o determinate piante – si basa sull'attivazione dell’ovulo, chiamato partenote, senza l'apporto dei cromosomi maschili.
Il processo e' iniziato con lo scongelamento di ovuli crioconservati di donne intorno ai 32 anni. In seguito, mantenuti in un'incubatrice a una temperatura adeguata, sono stati attivati, ovvero indotti artificialmente a svilupparsi, con sostanze chimiche. E’ cosi iniziata la divisione cellulare con la formazione di blastocisti. “Con la partenogenesi gli ovuli si comportano come se fossero fecondati da spermatozoi – hanno spiegato gli autori dello studio - ma una blastocisti ottenuta con questa tecnica non potrebbe mai dar luogo a un essere umano perché priva di cromosomi maschili”. Quattro blastocisti sono state poi collocate su uno strato di cellule ombelicali, per provocarne l'adesione e sviluppare cellule staminali. E così, le donne potrebbero conservare gli ovuli per mettere al sicuro il proprio futuro. E' un precedente che apre una grande aspettativa. Se finora le donne conservavano gli ovuli per tentare d'avere un figlio con la fecondazione assistita, oggi hanno un motivo in più per farlo. Se, a conclusione del processo di partenogenesi, si ricavano cellule staminali, e se esse sono in grado di costituire una cura effettiva contro malattie trasmissibili, le donne potrebbero conservare i loro ovuli come una polizza d'assicurazione per curarsi in futuro.La scoperta rappresenta un’importante novità nel campo delle molteplici ricerche finalizzate ad ottenere cellule staminali. Un tema che interessa non solo la scienza ma anche aziende e laboratori di tutto il mondo. Ad esempio, in California la società Novocell è riuscita ad elaborare un processo per cui le staminali si trasformano in cellule pancreatiche capaci di produrre insulina e altri ormoni. Un'altra applicazione potrebbe essere la rigenerazione delle cellule del muscolo cardiaco, una linea di ricerca cui si dedica anche Carlos Trainini dell'ospedale Presidente Peron de Avellaneda a Buenos Aires.
Fonte: Aduc 19-01-07
La partenogenesi:
l 'ovocita allo stadio diploide (cioè di 46 cromosomi) viene sottoposto a shock elettrico o esposto a sostanze chimiche in grado di modificare la concentrazione di vari ioni all'interno della cellula, si avvia così la proliferazione cellulare senza l'intervento dello spermatozoo. Dopo 48 ore si formano pre-embrioni di 4-6 cellule. Dopo 7 giorni circa, le cellule si sviluppano in blastocisti, cioè uno stato pre-embrionale di 32 cellule. E’ importante sottolineare che la proliferazione cellulare, nella partenogenesi umana, si arresta irreversibilmente dopo la produzione di poche cellule. Questa tecnica per ottenere cellule staminali embrionali non può quindi dar luogo allo sviluppo di un essere umano completo, neppure potenzialmente. Inoltre, la tecnica può essere effettuata soltanto per la donna. Nel caso dell’uomo verrà forse sperimentata l'inoculazione di due nuclei di cellule germinali aploidi maschili in un solo ovocita enucleato. Già nel 1983, Elizabeth e J. Robertson, della Harvard University, dimostrarono che le cellule staminali di embrioni partenogenetici di topo davano origine a vari tessuti, tra cui nervi e muscoli. Le cellule staminali eventualmente prodotte per partenogenesi, non sarebbero del tutto identiche alle cellule dell'individuo, a causa del rimescolamento di geni che avviene durante la formazione degli ovociti ma non dovrebbero indurre rigetto dopo il trapianto. I pre-embrioni ottenuti non possono neanche definirsi tali, perchè di fatto non sono l'unione di gameti maschili e femminili.

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